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18 lug 2014, 17:59:08 Tramite pagina web
18 lug 2014 17:59:08 Tramite pagina web
Salve scusate la mia ignoranza non essendo esperta ed essendo alle prime armi leggendo un po sul web in vari siti, leggo che le app possono leggere i dati del nostro smartphone come foto,video,rubrica,sms ecc,in base all app che si usa,nel articolo del 15 luglio sulla stampa in tecnologia vi faccio il copia in colla non potendo inserendo link mi chiedo sono sicuri i nostri dati?
spero ricevere vostre risposte.Buona serata.
Tecnologia
15/07/2014
Tutto ha un prezzo, anche la privacy
Se i dati personali registrati dai telefonini fossero venduti quale valore avrebbero? La risposta sorprendente arriva da un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento
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Se i dati personali registrati dai telefonini fossero venduti dai titolari quale valore avrebbero?
Un gruppo di ricercatori, guidati da Jacopo Staiano dell’Università degli studi di Trento, ha cercato di rispondere alla domanda con un esperimento condotto creando un mercato per la compravendita di questo tipo di informazioni. Gli interessanti risultati di questo studio, che verranno illustrati nel mese di settembre durante la UbiComp 2014 , conferenza internazionale dedicata all’ubiquitous computing, sono ora consultabili online .
Il numero di cellulari è, in questi anni, cresciuto in maniera esponenziale. Le informazioni associabili ad uno specifico individuo che un dispositivo mobile è in grado di raccogliere sono sempre più dettagliate. Grazie ai vari programmi installati in uno smartphone è possibile registrare posizionamento, chiamate in entrata e in uscita, quantità di foto scattate insieme alle persone con cui si condividono e così via. Facebook, Twitter e altri social media, del resto, hanno ampliato il panorama informativo su preferenze, opinioni, relazioni interpersonali e abitudini di ognuno di noi.
Le aziende e gli operatori di marketing conoscono il valore di questi dati e ne ricavano un profitto. La produzione di dati è un fenomeno rilevante dell’economia digitale che comporta anche un utilizzo a fini produttivi e commerciali della grande massa di informazioni disponibile negli archivi elettronici.
Google Now, ad esempio, approfitta della capacità di rilevazione delle ricerche dell’utente per proporre pubblicità ad hoc. Fitbit, un dispositivo indossabile per il monitoraggio del sonno e dell’attività fisica, ha creato un modello di business vendendo i dati personali alle compagnie assicuratrici che li impiegano per analizzare meglio il rischio e adattare il costo delle polizze dei clienti.
Ma gli individui sono disposti ad accettare il commercio dei loro dati? E a che prezzo? I ricercatori, per scoprirlo, hanno messo alla prova 60 persone, di età compresa tra 28 e 44 anni, che sono state chiamate a partecipare ad un test durato circa due mesi. Ciascuno di loro, dotato appositamente di cellulare, è stato posto sotto osservazione quotidiana da un team di ricerca che ha monitorato i comportamenti e collezionato quattro categorie di personal data (telefonate, ubicazione, app, foto).
Ai partecipanti è stato chiesto, allo stesso tempo, di prender parte, una volta la settimana, a un sistema di aste per vendere i loro dati, grezzi o più elaborati. Per mantenere la correttezza degli scambi ed evitare falsificazioni, Staiano e colleghi hanno scelto un meccanismo in cui il vincitore riceve il corrispettivo del secondo prezzo più basso. Successivamente è stata aumentata la frequenza delle aste, da settimanali a cadenza giornaliera, il che ha ridotto il livello degli importi perché le perché le persone hanno pensato di poter essere pagate più spesso.
Alla fine, il valore medio per tutte le categorie di dati è stato calcolato in due euro, pochi spiccioli quindi. Inoltre, è emerso che il dato di posizione, cioè dove ci si trova in un determinato momento, è valutato come quello più prezioso che giustifica una maggiore protezione. D’altronde, chi si sposta più frequentemente sul territorio ha un diverso e superiore apprezzamento dei suoi dati personali.
Anche i dati processati sono considerati ad alto valore in quanto il loro contenuto informativo sulla vita personale è ritenuto più elevato. Un aspetto curioso è che in alcune giornate diverse da quelle ordinarie, come la festa dell’Immacolata Concezione o in condizioni di tempo particolari, la richiesta media di denaro è inspiegabilmente cresciuta.
Chi ha partecipato ai test, infine, non viene influenzato nel suo agire sul mercato da fattori come sesso ed età mentre mostra una propensione a considerare se stesso come migliore custode dei propri dati rispetto a banche, società di telecomunicazioni, assicurazioni o governi. E’ proprio sotto questo aspetto che l’indagine promossa da Telefonica Research potrebbe avere importanti implicazioni per il futuro. L’idea di un mercato dei dati personali è stata avanzata in passato con tentativi isolati di assicurarsi un compenso tramite commercializzazione diretta ma con scarsi risultati. Qualche mese fa, per evidenziare la necessità di una maggiore tutela della privacy online e dell’autonomia di scelta dei singoli, uno studente olandese, Shawn Buckles, ha messo all’asta in un apposito sito tutti i suoi dati personali (email, cronologia del browser ecc.) ricavandone una somma decisamente più alta di quella stabilita dalla ricerca italiana: 350 euro, offerti dal blog The Next Web che ha sostenuto l’atto dimostrativo.
Aziende e intermediari, in ogni caso, continuano a vendere informazioni sostituendosi ai titolari che, però, maturando un diverso atteggiamento, potrebbero riprendersi il controllo. La nascita di un mercato di dati personali avrebbe questa funzione di aiutare l’individuo a riconquistare il potere di determinare cosa fare delle sue informazioni. Magari qualche gigante del web ne diventerà il pioniere.
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